Cultura e coesione sociale
La cultura come fattore di coesione sociale. Gli intellettuali
Bruno Schettini. Un maestro di educazione per la cittadinanza
A poco più di un mese dalla sua scomparsa abbiamo sentito il bisogno di ricordare in modo corale Bruno Schettini, Vice Preside della Facoltà di Psicologia della SUN, un amico ed un compagno – come lui preferiva definirsi – ma soprattutto un maestro di educazione per la cittadinanza. A poco più di un mese dalla sua scomparsa il 1° febbraio 2012 nella piazza del sapere della Feltrinelli di Caserta ci siamo incontrati con tanti colleghi, provenienti da tutta Italia. Con Bruno ci siamo conosciuti agli inizi degli anni 2000, in una stagione molto intensa per i temi dell’educazione degli adulti, quando venne varata l’importante normativa nazionale in coerenza con gli indirizzi comunitari sul lifelong learning. In particolare abbiamo condiviso una esperienza molto intensa all’interno del Comitato Regionale EDA, varato dalle giunte di centro sinistra nel decennio. Sicuramente è stato uno dei luoghi più intensi e produttivi delle politiche di concertazione in materia di istruzione e formazione. In quel periodo, grazie ad una fase ricca di partecipazione e di elaborazione, con il confronto tra istituzioni e forze sociali, sono state definite le Linee Guida per l’EDA – uno dei pochi casi tra le regioni italiane.
In quella fase l’esperienza campana si confrontò con le migliori “buone pratiche” nel campo dell’apprendimento permanente, sia a livello nazionale ma anche europeo. In merito vanno ricordati i viaggi di studi organizzati con la partecipazione dei maggiori esperti per conoscere ed approfondire le realtà più avanzate in materia di EDA: dalla Svezia alla Norvegia, dalla Spagna alla Francia, dalla Finlandia al Portogallo. Sono state occasioni di crescita e di arricchimento culturale, nelle quali Bruno interveniva con entusiasmo e curiosità, con la voglia e l’umiltà di apprendere sempre, caratteristiche del vero studioso, senza alcuna supponenza di tipo accademico. In lui era forte il bisogno di collegare il suo lavoro di ricercatore e di studioso con il mondo che lo circondava: ogni sforzo era teso ad avvicinare quei rapporti – non sempre facili in Campania – tra università e territorio. Provenendo da Napoli, mi aveva chiesto un aiuto per facilitare le sue relazioni con il mondo delle imprese e dei sindacati, ma soprattutto con la rete di associazioni del terzo settore e del volontariato, a cui non faceva mancare mai il suo contributo.
Per questo obiettivo da anni si era battuto per dotare la SUN di una struttura dedicata a sviluppare le attività di apprendimento permanente, aperta all’esterno. Con grande soddisfazione era riuscito a completare tutte le procedure necessarie per avviare il Centro di Ateneo – grazie all’apporto del Rettore e dei Presidi delle varie facoltà. Aveva ricevuto anche l’incarico di coordinare e dirigere il Comitato Scientifico preposto a programmare le attività. Non a caso il primo progetto realizzato è stato quello di avviare un percorso con seminari dedicati ai grandi protagonisti dell’EDA – che lui aveva raffigurato e sintetizzato in modo brillante in un albero con tutti i grandi maestri della pedagogia sociale. Ora questi seminari si stanno realizzando nella piazza del sapere della Feltrinelli di Caserta. Purtroppo lui ha avuto modo di partecipare solo al primo incontro per la presentazione del progetto, che noi continueremo a portare avanti anche in omaggio al suo apporto straordinario.
In conclusione è utile ricordare i tratti salienti della sua biografia di uomo e di studioso: professore straordinario di pedagogia sociale, era anche membro del collegio dei docenti della scuola di dottorato in Filosofie e Scienze Umane dell’Università di Verona e Direttore del Ce.Ri.Form (Centro Ricerca Interventi e Formazione di Benevento), di cui dirigeva la collana “Quaderni di Ricerca”. Tra le sue pubblicazioni vanno ricordati i due Rapporti di ricerca dal titolo: “Il progetto SAPA - Regione Campania. Pubblici resistenti e domanda sociale debole” (QdR1, 2009) e “Quale governante per l’educazione degli adulti in Campania” (QdR2, 2009). Sempre al tema della governance nel 2010 ha curato e dato alla stampa per la ESI il volume a più voci: “Governare il lifelong learning. Prospettive di educazione degli adulti”. Va segnalata la sua traduzione di uno dei libri fondamentali di Ettore Gelpi dal titolo “Lavoro futuro. La formazione come progetto politico”, e la pubblicazione del volume dedicato a Paolo Freire su “Educazione, Etica, Politica”, Liguori 2008.
runo era anche molto attivo in campo internazionale, in particolare nel Mato Grosso in Brasile, nel Sud America, in Europa e a Malta. Qui aveva avuto relazioni e scambi professionali con alcuni dei più autorevoli studiosi in pedagogia sociale (da Peter Mayo a Paolo Freire, da Ettore Gelpi a tanti altri). Bruno sovente parla a noi di libertà. Ne parla attraverso il valore di quanti morendo sanno farsi artefici di libertà. Riprendo un passo della sua relazione tenuta a Perugia, in occasione del Fantasio Festival, il 25 aprile 2009.
“Credo sia una necessità impellente dare un senso alla nostra morte, non tanto alla nostra vita, ma alla nostra morte, perché al di là delle credenze che ciascuno di noi può avere c’è un senso immanente che dobbiamo necessariamente dare alle giovani generazioni che ci interpellano, che è il senso del come moriamo, posto che quando uno muore non può fare più tesoro della sua esperienza di morte ma certamente può dare un’esperienza agli altri. Solo chi muore per un’aspirazione di libertà è un facitore di libertà. E io credo che morire per la testimonianza di democrazia cognitiva, o politicamente per la libertà, perché nessuno possa mai esercitare il potere dell’uomo sull’uomo, sia una gran bella morte.”
Queste parole oggi vivono in noi di altra luce. Grande l’eredità che Bruno lascia a noi di Amica Sofia, avendo appreso da Bruno la grande lezione dell’educazione come pratica di libertà, sempre in costruzione nello svelamento continuo di ciò da cui esplicitamente e/o occultamente dipendiamo. Nello stesso tempo risalta la sua passione etica e civile, di una persona che non separava mai la sua attività di studioso da quella di un militante impegnato in tante battaglie civiche, con una partecipazione attiva alle varie iniziative sociali promosse sul territorio, in primo luogo del mondo de lavoro e del terzo settore: Negli ultimi anni era particolarmente attivo ed interessato alle attività del sindacato e del volontariato. In tal senso sono emblematiche le testimonianze delle sue presenze alle iniziative di Amica Sofia e della Pedagogia in piazza a Frattamaggiore; del sostegno ai soggetti più deboli ed emarginati nelle carceri minorili o per gli immigrati di Castel Volturno – dove riuscì ad organizzare un convegno internazionale su Paolo Freire). Per dare continuità a questa ricerca sarà compito dell’università – attraverso la sua Facoltà di Psicologia e del Centro di Apprendimento Permanente della SUN – continuare l’approfondimento scientifico della sua opera, per far emergere i tratti salienti di Bruno Schettini, di docente sempre aperto al dialogo con i suoi allievi, di studioso rigoroso e di ricercatore “glocale” – un neologismo che gli piaceva molto – nel campo delle scienze umane e filosofiche.
Per ora ci rimane solo un rammarico: constatare la scarsa attenzione e partecipazione al questo nostro sforzo collettivo – vorrei dire “corale” – da parte della SUN, in particolare della Facoltà di Psicologia, a cui Bruno aveva dedicato tanto lavoro e tanta passione di studioso e ricercatore. E questo ci dimostra quanto siano ancora difficili i rapporti del mondo accademico con il territorio, in primo luogo con le forze più vive ed attente ai temi dello sviluppo locale e dell’innovazione. Per cercare di colmare questo divario Bruno aveva impegnato le ultime sue forze per la costituzione del nuovo Centro di Apprendimento Permanente (CAP), che ora speriamo si mostri all’altezza degli obiettivi strategici da lui indicati: da un lato, educare alla cittadinanza attiva e alla partecipazione consapevole; dall’altro, formare le competenze per uno sviluppo ecosostenibile e per la coesione sociale.
L’agorà dedicata a Bruno Schettini. In una fase di crisi dei valori dell’etica politica, acquista un particolare significato la decisione della conferenza dei capigruppo di dedicare una commemorazione solenne nell’ordine del giorno del prossimo consiglio comunale dell’11-09 per ricordare la figura di Bruno Schettini, in attuazione di una precedente Delibera della Giunta.
Come è stato ricordato dai vari saggi contenuti nel volume “Educare alla cittadinanza democratica. Tra teoria e prassi – Ediesse”, la testimonianza di personalità del mondo culturale ed accademico come il prof. Schettini (Vice preside della allora Facoltà di Psicologia) è di grande attualità per il suo ruolo di studioso eminente e di ricercatore rigoroso della pedagogia sociale (noto ed apprezzato in tutto il mondo). Nello stesso tempo ripropone con forza una scelta di campo di chi decide di aprire i saperi e le conoscenze alla comunità dei vari contesti territoriali, al mondo sociale, del lavoro e del volontariato, a cui Schettini ha dedicato sempre tanta attenzione e cura. Il suo insegnamento può servire da sprone per ricostruire nuove forme di collaborazione tra alta formazione, università e contesti locali tesi a promuovere azioni di sviluppo e di innovazione. Schettini può essere considerato come espressione di un neoumanesimo, come figura tesa a costruire ponti tra discipline e saperi diversi (interculturale), che considerava la “formazione come progetto politico” (dal titolo di un bel libro di Ettore Gelpi,da lui tradotto in Italiano). Quando abbiamo deciso insieme di dare vita alle piazze del sapere (pochi mesi prima della sua scomparsa), ci tenne a caratterizzare questa originale esperienza come una occasione per promuovere la cultura come bene comune, come fattore di coesione sociale, di apprendimento permanente e di partecipazione consapevole.
La nobile decisione del comune di Caserta segue altri importanti attestati e riconoscimenti già avvenuti in queste settimane: con il conferimento della cittadinanza onoraria da parte del comune di Piedimonte Matese, con il convegno nella sede prestigiosa del CNR di Roma e con la targa consegnata proprio ieri ad Oliveto Citra nel contesto del prestigioso Premio meridionalistico Sele d’Oro (insieme ad altre personalità illustri). La decisione assunta dal comune di Caserta – su proposta di alcune associazioni della rete delle piazze del sapere, dell’Auser Caserta e di Carta 48 - pone anche degli obiettivi concreti di promozione civile e culturale, a partire dalla intitolazione della piazza interna della grande biblioteca civica – che si chiamerà “Agorà Bruno Schettini” – e dall’intenzione di sostenere delle borse di studio per giovani laureati della SUN sui temi dei diritti nell’era della conoscenza, in collaborazione con il Rettore e il Dipartimento di Psicologia, per la cui realizzazione saranno chiesti contributi anche da altri enti (come la Camera di Commercio) ed eventuali imprese come sponsor.
Carmine Cimmino, uno storico socialista
In un saggio denso di empatia (pubblicato nella sua Rivista Storica) Nicola Terracciano ha delineato un profilo biografico di alto spessore dedicato a Carmine Cimmino, uomo politico socialista dedito ai beni comuni, educatore e promotore culturale, storico e ricercatore sociale di grande valore. Si inizia con la sua data di nascita il 25 maggio 1934 a Capodrise (allora frazione di Marcianise), paese agricolo di circa 5.000 abitanti, vicinissimo a Caserta, legato soprattutto alla cultura del tabacco – e prima ancora della canapa. Apparteneva ad una distinta famiglia di professionisti (il padre Antonio era docente), nella quale la cultura e l’impegno civile erano stati sempre valori fondamentali: si pensi ai legami di parentela col poeta Elpidio Jenco (a cui Cimmino dedicò un numero della sua rivista) ed alla militanza a sinistra nel secondo dopoguerra della stessa madre di Cimmino Francesca Moriello nell’Unione donne Italiane (UDI). L’influsso materno fu fondamentale, avendo Carmine perso il padre quando era ragazzo ed era rimasto solo con la sorella Carmina e la zia materna Maddalena. Mentre i Moriello erano originari di Capodrise, la famiglia paterna veniva da Frattamaggiore (Provincia di Napoli) ed il nonno Francesco era un noto professionista.
Incisero sulla sua formazione anche l’esempio dello zio sacerdote don Carmine Moriello (da cui il nome), di tendenze progressiste, che svolse il suo ministero anche negli stati Uniti, ed i legami con l’altro zio materno Federico, funzionario di banca, che giovanissimo si era trasferito a Milano e con cui la famiglia Cimmino ebbe sempre un rapporto costante ed intenso.
Frequentò gli studi a Caserta presso il Liceo Classico P. Giannone, iniziando a coltivare già allora i primi interessi storici e letterari, stringendo amicizie che conservò per tutta la vita, come quella con i fratelli Gaglione, l’avv. Valerio ed il giudice Massimo. Oscillando nella scelta tra studi di giurisprudenza ed umanistici, si iscrisse infine alla Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università Federico II di Napoli, si laureò in Lettere Classiche, ma con una tesi in storia con il prof. Enrico Pontieri, che colse già allora la spiccata vocazione alla ricerca di Carmine ed avrebbe voluto che rimanesse nell’ambiente universitario. Ma per esigenze di famiglia dovette subito dedicarsi all’insegnamento, non tralasciando tuttavia la sua fondamentale vocazione di ricercatore e storico. Fino al termine della carriera è stato docente di italiano e storia negli istituti secondari superiori (in modo particolare presso l’ITIS di Marcianise), con una dedizione pedagogica che lo distingueva per la capacità di coinvolgere gli alunni dentro e fuori l’aula, data la sua vasta cultura ed esperienza. Era solito portare gli alunni in visita agli archivi ed ai musei, facendoli così uscire da un’ottica solo nozionistica o aridamente scolastica.
Lo stimolo culturale che promanava dalla sua personalità si estendeva nell’ambiente scolastico anche sui colleghi, che traevano dall’amicizia e dalla frequentazione con lui spunti e stimoli di arricchimento didattico e culturale. Molti colleghi hanno partecipato nel tempo ad alcune delle tante iniziative ed animazioni educative da lui promosse. La sua natura pedagogica trapassava dalla scuola alla società locale e Carmine avrebbe voluto che i giovani coltivassero di più l’interesse culturale e la passione civile. L’impegno politico fu precoce ed assorbente, tanto che aderì giovanissimo al PCI, diventando animatore di battaglie locali, sociali ed amministrative nella dura situazione degli anni cinquanta, quando la militanza costava in termini personali e familiari. Non aveva ambizioni da burocrate o da professionista politico, ma sentiva preminente e fondamentale solo il dovere dello schierarsi e del lottare in modo disinteressato a fianco degli umili e dei subalterni, per la loro emancipazione sociale e culturale, anche contro le linee ufficiali del partito, allora su posizioni staliniste sia a livello centrale che periferico.
Pur dopo l’uscita drammatica dal Partito, i militanti di base della sinistra capodrisana continuarono a mantenere una stima affettuosa verso quell’intellettuale che – pur di estrazione piccolo borghese – tanto aveva dato alla causa del socialismo e quando si presentò alle elezioni nelle liste del PSI, al quale nel frattempo aveva aderito, ebbe sempre un ampio consenso della base e la vicinanza affettuosa e fedele di compagni, come il prof. Mastroianni. Anche gli avversari politici lo stimavano per il suo stile corretto e mai aggressivo, come ricorda il suo amico prof. Andrea De Filippo. Oltre che consigliere, Carmine fu a Capodrise anche assessore ai lavori pubblici nei primi anni ottanta.
Noti erano il suo rigore e la sua dedizione al bene comune. La passione politica non venne mai meno anche dopo la crisi del partito socialista e fino alla fine seguì le vicende della sinistra, attento a che i valori nobili ed imperituri della tradizione socialista di Turati e Matteotti, di Pertini e De Martino non andassero perduti o smarriti. Aveva la religione laica della vita come serietà e lavoro, per cui anche quando si recava nell’amata Formia portava con sé materiali di ricerca da riordinare o scritti da completare. Aveva deciso di andare in pensione con qualche anno di anticipo proprio per potersi dedicare in modo più costante alla ricerca e completare tanti lavori che aveva avviato. L’instancabile ansia di lavoro non lo abbandonò nemmeno negli ultimi giorni, quando avanzava l’inesorabile male, piegandosi a correggere le ultime bozze del testo che doveva completare e lo fece con l’annata 1994 della sua amata Rivista.
Le stesse amicizie più tenaci e più profonde erano quelle che in qualche modo si legavano alla sua assorbente ed egemone vocazione intellettuale ed alla sua sensibilità civile e politica (es. Alosco, Aragno, Compasso, De Majo, Di Biasio, Di Donato, Isernia). Sapeva essere amico in modo riservato, ma sincero e generoso. Dedicando le sue migliori energie alla ricerca storica e a suscitare incessanti iniziative culturali, si segnalò nel 1974 con il fondamentale volume Democrazia e socialismo in Terra di lavoro (1861-1915). Due anni dopo fondò la Rivista Storica di Terra di Lavoro, che ha diretto fino alla morte, e più tardi nel 1978 promosse il comitato di Caserta dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, di cui assunse la Presidenza. Cimmino ha aperto nuovi sentieri non solo dal punto di vista dei contenuti, ma anche da quello metodologico, nella ricerca della storia moderna e contemporanea di Terra di Lavoro, entità storico-territoriale dall’estensione interregionale, se si pensa che inglobava anche i distretti di Gaeta, di Sora e di Nola. Con lui la storia locale è uscita dal municipalismo, dal dilettantismo, dall’episodicità per elevarsi finalmente a livelli di rigore, di apertura, che si ritrovano nella più seria ricerca universitaria.
Resta come un demoralizzante segnale di incapacità a valorizzare le migliori energie il fatto che pur con la sua rilevante produzione scientifica, non gli siano state aperte le porte dell’università, così larghe a volte per tanti mediocri. All’interno di interessi di storia locale, nei versanti della demografia e dell’economia, egli ha scoperto e messo in circolazione fonti prima ignorate, tra le quali la fondamentale statistica Murattiana del 1811, pubblicata nella Rivista e poi nel volume Suolo, risorse, popolazione di Terra di Lavoro nel Risorgimento del 1978, sia nella relazione generale che in quelle distrettuali. Essa permette una ricognizione minuta della concreta vita quotidiana della gente nella provincia per quanto riguarda le abitazioni, l’alimentazione, il vestire, le malattie e le condizioni di lavoro. Accanto alla Statistica si pone come fonte privilegiata per una nuova storia provinciale la stampa periodica, vera miniera di conoscenza storica, alla quale Cimmino dedicò ricerche particolari, come Stampa periodica in Terra di Lavoro (1840-1927) del 1988. È stato il mondo delle classi umili, di quelle subalterne, che Cimmino ha inteso mettere al centro della ricerca storica, della memoria collettiva, in una concezione della storiografia come militanza etico-politica.
Ed anche il suo interesse risorgimentale si legava profondamente a questo sentimento popolare di riscatto, nel voler rintracciare e riproporre le figure alte e nobili di quanti erano stati protagonisti a livello provinciale della costruzione dell’ethos risorgimentale come combattenti incarcerati o che avevano pagato con la vita e i beni la dedizione agli ideali. L’occhio dell’indagine si allargò anche all’Italia postunitaria per seguire le vicende della politica, nel suo versante di lotta sempre a favore delle classi subalterne, espressa dai rappresentanti di sinistra, dai primi deputati socialisti nelle forme cooperativistiche, comunque associative, attraverso cui le classi lavoratrici di Terra di Lavoro avevano cercato di far sentire anche la loro voce, vivendo il loro protagonismo storico accanto alle altre classi sociali.
Così si spiega il suo costante interesse verso la vicenda socialista locale e regionale, che dal citato primo lavoro si estende alla cura degli scritti politici di Francesco De Martino, ai saggi pubblicati presso gli editori Laterza e Guida nel 1992, ed al saggio pubblicato nell’ultimo numero della Rivista del 1994 Economia e Socialismo a Napoli e in Campania dalla fine dell’’800 al fascismo. Il socialismo fu sempre da lui inteso (e tenacemente rivendicato contro i tradimenti degli opportunisti socialisti di tangentopoli) fino agli ultimi giorni di vita come “quanto di più nobile l’uomo può proporsi di realizzare nella vita e trasmettere alle generazioni future”. Rivendicò il valore di una tradizione che resta “per quel che di più alto essa ha voluto rappresentare: il miglioramento delle condizioni di vita, l’innalzamento dei livelli culturali delle masse popolari, delle città come delle campagne, e la trasformazione in senso democratico dei vecchi regimi e delle vecchie istituzioni liberali” (Rivista 1994).
Ebbe la stima e l’amicizia di docenti universitari non solo a lui vicini (come Pisanti, Scirocco e Villani), ma di varie parti del Paese. La storia fu la sua grande passione, a cui dedicò le migliori energie e tutti i mezzi possibili, con una dedizione quotidiana incessante, che si esprimeva non solo nei lunghi tempi trascorsi presso gli Archivi di Caserta, di Capua, di Napoli, ma anche nella promozione di tante iniziative, coinvolgendo nella ricerca amici locali ed organizzando convegni, tra i quali furono notevoli quello di Arpino su Economia e società civile nella Valle del Liri nel XIX secolo del 1981 e quello di Vairano-Caianello su Garibaldi del 1982, raccolti in preziosi volumi.
Pur interessandosi a tutta l’area di Terra di Lavoro da Arpino a Isola Liri (di cui aveva studiato le singole vicende industriali dagli inizi ottocenteschi fino al suo tracollo dopo un secolo) a Sessa Aurunca, a Mondragone, un sentimento particolare espresse con lavori specifici verso il paese natio Capodrise e verso la contigua Marcianise, sede del suo lavoro di docente e del suo impegno culturale.
Ma l’interesse storiografico riguardava anche Napoli, la Campania e il Mezzogiorno in generale. La sua casa era un laboratorio storico, dove aveva sede la rivista, si spedivano le varie pubblicazioni legate alle sue iniziative, si andava costituendo una biblioteca-archivio, che è diventato un patrimonio storico e culturale preziosissimo. Inoltre, è stato vincitore del concorso su titoli bandito dal Ministero PI per l’assegnazione presso l’istituto Regionale di Ricerca, Sperimentazione ed Aggiornamento della Campania. La Rivista Storica di Terra di Lavoro – Semestrale di studi storici ed archivistici da lui fondata – ha ottenuto il riconoscimento da parte del Presidente del Consiglio come pubblicazione di alto valore culturale.
Ha collaborato con Caserta Economica – Rivista Mensile della Camera di Commercio di Caserta ed alla Rassegna Storica del Risorgimento. È stato tra i fondatori e direttore responsabile della rivista Storia Meridionale Contemporanea. Ha insegnato Storia Sociale del Mezzogiorno presso la scuola Superiore dei Servizi Sociali di Caserta. Ha tenuto attività di aggiornamento in queste di relatore presso l’ITIS di Marcianise sul tema “La Questione meridionale”. Attraverso l’Istituto per la storia del Risorgimento ha organizzato il corso su Storia nazionale e storia locale – metodologia e didattica, come direttore e relatore, rivolto agli insegnanti di scuola media superiore. Ha tenuto conferenze e dibattiti a Capua sulla storia della città millenaria ed il suo agro nel Settecento e Ottocento, a Piedimonte Matese su il movimento radicale in Terra di lavoro 1876-1990, a Guardia Sanframondi sulla cittadina sannita in età francese, a Frosinone su trasformazioni industriali nella Media Valle del Liri nell’età moderna e contemporanea, con Scirocco, Rubino, De Majo, Viscogliosi, Pescosolido, Dell’Orefice e Mancini. Ha organizzato presso i licei della Provincia di Caserta conferenze sulla criminalità organizzata ieri e oggi, con Silvio De Majo.
Ha collaborato al dibattito organizzato dalla rivista Meridiana, diretto da P. Bevilacqua, su gli “Orientamenti sulla più recente storiografia sul Mezzogiorno in età risorgimentale”. Ha partecipato con sue relazioni ai seguenti convegni: XXVII congresso nazionale di storia della medicina nel 1975 con la comunicazione su Condizioni igienico-sanitarie e livelli di vita ed alimentazione della popolazione di Terra di Lavoro nell’età del Risorgimento; al congresso dell’Istituto per la Storia del Risorgimento a Viterbo nel 1978 con la comunicazione su Lanifici nella Valle del Liri nell’Ottocento; Istituto di Studi Storici “G. Salvemini” di Messina con la relazione su Economia e socialismo in Terra di Lavoro nell’età giolittiana; Istituto di Studi Storici “G. M. Galanti” a S. Croce del Sannio (BN)con la comunicazione su Agricoltura, attività manifatturiera e pluriattività a Piedimonte MT nell’Ottocento. Infine, ha affrontato con dignità e coraggio la tragica esperienza della malattia, con l’amore ed il conforto fino ai suoi ultimi istanti di vita della moglie Virginia, a cui era legatissimo. È morto il 17 novembre del 1994 destando unanime e commosso cordoglio.
Bruno Iorio. Il profilo di uno studioso di alto valore
Qualche mese dopo la sua scomparsa, avvenuta nel 2003, il periodico Nuovo Meridionalismo – a cui Bruno Iorio collaborava – gli dedicò alcuni commenti di amici e colleghi. In primo luogo ne delineò i caratteri di un intenso profilo umano e dello studioso. Bruno Iorio, nato a Maddaloni (CE) il 16.8.1950, ricercatore confermato in prima tornata, con decorrenza giuridica 1.8. 1980 (Storia delle Dottrine Politiche) presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Napoli, è stato docente di Storia delle Istituzioni politiche nella Facoltà di Economia dell’Università degli Studi del Molise negli anni accademici dal 1991 al 1996. Dal 1996/’97 ha insegnato Storia del pensiero politico contemporaneo presso la medesima Università. Dal 1993 al 1995 ha tenuto anche il corso di Storia delle istituzioni politiche nell’ambito del D. U. Scuola per assistenti sociali dell’Università del Molise. Dall’anno accademico 1998/99 ha insegnato Storia dei partiti e movimenti politici nella Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Federico Il Napoli. Poi ha partecipato all’attività del Dipartimento di Scienze dello Stato: il 27/04/1999 ha tenuto una lezione dal titolo "Modello romano e modellò italico alle origini del liberalismo risorgimentale" nell’ambito del seminario istituzionale organizzato dal Dipartimento sul tema "Il potere tra Centro e Periferia".
Allievo di G. Santonastaso, il prof. B. Iorio ha proseguito i suoi studi con il prof. R. Campa, interessandosi in prevalenza del pensiero politico italiano e non, moderno e contemporaneo. Ha dedicato una prima serie di lavori alla ricostruzione del pensiero italiano durante gli anni del fascismo (saggi su Croce, Gobetti, Gramsci, recensioni sulla “Nuova Antologia”). Da segnalare ancora sulla “Nuova Antologia” un contributo su Aristotele e il giusnaturalismo antico (1976). Seguono una serie di ricognizioni sul pensiero di Nietzsche inteso quale punto di riferimento essenziale per la comprensione del nostro tempo; a Nietzsche sono stati dedicati due lavori: Crisi del pensiero rappresentativo, Napoli 1981, e Oltre il politico: F. Nietzsche, Napoli 1983 (ora ristampati insieme con il titolo Su Nietzsche). L’interesse per il problema della teologia politica si è precisato nella monografia dedicata a C. Schmitt, pubblicata nei Quaderni della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università federiciana nel 1987 (segnalata nell’ultimo volume di N. Abbagnano-G. Fornero, Storia della Filosofia, UTET 1995; ora anche in C. Galli, Genealogia della politica, Bologna ‘96). Nel solco dell’analisi della dottrina controrivoluzionaria si colloca il lavoro su Giacinto de’ Sivo, ormai giunto alla Il edizione, (‘88/’90). Di questo pensatore e storico controrivoluzionario, lo scrivente ha curato la ripubblicazione de L’elogio di Ferdinando Nunziante (1852), testo poco conosciuto ma estremamente importante per la ricognizione del panorama contro rivoluzionario italiano (Salerno 1989). Nel 1995 ha curato la riedizione dell’importante ‘ G. de’ Sivo, Discorso pe’ morti del Volturno (1861), con introduzione e note critiche. Sono da ricordare ancora i saggi su Merlino (1983), su Dorso (1987), su Sturzo (1988). A fianco di questi vanno segnalate le relazioni al Convegno dell’Università di Napoli su “Guerra e pace” 1985, al Convegno internazionale dell’Università di Roma su “A. Tilgher” 1988, al Convegno napoletano sulla “Democrazia in Italia”1989, al Convegno promosso ancora a Napoli dalla rivista “Progresso del Mezzogiorno” sul tema “Storia e valori”, 1990: la relazione presentata sulla filosofia politica di N. Abbagnano è stata pubblicata negli atti (1992). Poi ha pubblicato il saggio Usurpazione e rivoluzione in Locke, Napoli 1990 e il volume La falsa libertà, Napoli 1990: una analisi del rapporto tra religione crociana della libertà e liberalismo protestante.
Il prof. B. Iorio ha collaborato alle seguenti riviste: "Progresso del Mezzogiorno", "Nuovo meridionalismo", "Civiltà aurunca" e al periodico "Orizzonti". Ha partecipato a numerose conferenze e dibattiti su temi di politica e cultura. Ha tenuto il corso di Storia delle Dottrine Politiche nella Scuola di Formazione politica dell’Istituto di Scienze religiose “Giovanni Paolo Il” a Cerreto Sannita (BN), nell’a.a. 1989/’90; ha tenuto anche lezioni alla Scuola di formazione civica di Napoli nell’anno 1990 e di Teano (CE), nel 1991 e nell’anno seguente 1992. Nel 1991 ha pubblicato il volume Politica del Gattopardo (premiato al XV Minturnae), ha ottenuto il Premio della cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri e il premio V. De Caprariis per la saggistica. Ha partecipato in quell’anno al Convegno “Crisi della modernità” (Napoli 24/25 ottobre 1991) con una relazione su A. Del Noce (ora in AA. VV., Filosofia e democrazia in A. Del Noce, Roma 1993). Ha anche collaborato alla pagina culturale del quotidiano "Roma" di Napoli. Ha partecipato nel 1992 al Convegno internazionale su G. Ferrero (LUISS Roma/Napoli 3/4/5 dicembre 1992) e al Convegno organizzato dalla Università di Campobasso (1 6.10.1992) in occasione dei Cinquecento anni dalla scoperta dell’America (la relazione è citata in M. Cacciari, Geo filosofia dell’Europa, Milano 1994). In seguito venne anche pubblicata la seconda edizione de La falsa libertà, che divenne un’autentica mappa del pensiero liberale del nostro Novecento (1995).
Ha partecipato nel novembre 1993 a Caserta alle Giornate di studio in occasione delle celebrazioni per il 1500 anniversario della traslazione del Capitolo Cattedrale. La sua relazione è stata incentrata sull’opera di Giacinto de’ Sivo di cui è stata proposta una prima integrale lettura dell’opera omnia (ora ESI 1995). Negli ultimi tempi lavorava ad una ricerca sulla prima polemica antipartitocratica nel nostro Paese (Maranini, Sturzo, Perticone, ecc.). Polemica in cui si trovano numerosi spunti di grande attualità, purtroppo ignorati e dimenticati. Un primo abbozzo è stato pubblicato in Tre studi sulla società aperta, Loffredo, Napoli 1996 (con altri contributi di A. Omaggio e A.M. Rufino). Dal 1990 ha tenuto periodiche conferenze seminariali di Storia delle istituzioni politiche europee presso l’Istituto superiore per Interpreti e traduttori di Maddaloni. Ha partecipato nell’ottobre 1996 al Convegno Napoletano su Giovanni Amendola a 70 anni dalla morte. Collaborava al quotidiano "Roma" di Napoli e "Avanti!". Ha curato la ristampa di G. Amendola, La democrazia in Italia dopo il VI aprile 1924 (Loffredo ‘98) e pubblicato la lezione tenuta a Campobasso ai dottorandi in Istituzioni giuridiche, ed evoluzione economico-sociale. Il ruolo del Centro nel sistema politico italiano (Prog. Mezz. l/’ 98). Infine è stata stampata la riedizione da lui curata del Primato napoletano di Giacinto de’ Sivo.
Ha insegnato per l’anno accademico 2002/2003 Scienze Politiche al Master organizzato dall’UNISOB sede Salerno. Ha tenuto un modulo didattico sul tema "Autorità e famiglia" per il Corso di perfezionamento post laurea in “Mediazione Familiare” - UNISOB-Napoli. Nello stesso tempo, Generoso Benigni lo descrive con queste parole: “Conobbi Bruno Iorio alla fine degli anni ottanta, nell’ occasione di un convegno organizzato da Nuovo Meridionalismo, per ricordare Guido Dorso. I ricordi si affollano e si confondono: una giornata dedicata a Vittorio De Capraris, un convegno ad Eboli, un incontro nella biblioteca di Maddaloni, una manifestazione a favore di un referendum, talvolta insieme al comune amico Tommaso Pisanti”. Bruno è stato tra l’altro un profondo studioso del pensiero politico e giuridico di Carl Schmitt. E il suo approdo alla democrazia liberale nasce da un’analisi scientifica e puntigliosa di tutte le teorie, che costituiscono le premesse a volte inconsapevoli dei totalitarismi.
L’adesione al liberalismo di Bruno Iorio non è adesione viscerale od intuitiva; è il punto di arrivo di una ricerca approfondita, rigorosa, che si rinnova quotidianamente, quasi come "una sfida" nell’intento di individuare quali regole possano guidare una comunità civile. Le regole non saranno mai perfette, saranno soltanto quelle che conterranno meno errori rispetto alle altre. Nei suoi scritti, cosi come nei suoi discorsi, Bruno Iorio non è mai "categorico" e cioè non comunica agli altri certezze assolute; comunica le conclusioni delle sue ricerche e – quel che è più importante – spiega sempre il processo logico, che egli ha percorso per pervenire a quelle conclusioni. La metodologia di B. Iorio è nel solco della migliore tradizione laica e volterrana di mettere il dubbio al centro della ricerca, perché l’uomo e lo studioso sono sempre alla ricerca della verità, e mai potranno raggiungerla. È questa consapevolezza di laica imperfezione, che guida l’intellettuale con spiccata preferenza per la politica a ricercare continuamente le ragioni dell’impegno e delle scelte; e rimettere in discussione ogni giorno le scelte fatte, per farne di diverse, se occorre, o per rafforzarne le motivazioni nel confronto con l’esperienza della storia e della vita.
Quel che ci ha sempre colpito in Bruno Iorio, quasi come una connotazione incredibilmente singolare del suo modo di essere saggista e politico, era ed è là sua capacità di distinguere il rigore scientifico del ragionamento scritto o parlato negli studi filosofici e politici, dai suoi sentimenti personali e dalle sue convinzioni ideali. È davvero straordinaria questa capacità di Bruno di apparire freddo e distaccato nell’elaborazione dei suoi ragionamenti, pur essendo nell’anima persona di incredibile sensibilità.
Bruno, infatti, accanto al prevalente impegno di docente universitario (Professore di Storia dei Partiti Politici presso la facoltà di Scienze Politiche della l’Università Federico II di Napoli) ha scritto di storia, di filosofia, di letteratura, di arte e soprattutto di politica, ma non solo per approfondire e studiare i fatti politici del passato e del presente. Egli è stato un "intellettuale organico", che più volte nei suoi saggi ha offerto alla politica suggerimenti e soluzioni ai problemi concreti della società contemporanea. E non si è limitato soltanto a scrivere, rimanendo al di sopra ed al di fuori della mischia: quando il suo grande cuore gli ha suggerito di impegnarsi ancora più direttamente, ebbene Bruno non ha avuto esitazioni a scendere direttamente in campo con il giovanile furore della sua anima candida. Si è candidato con il partito radicale nelle elezioni politiche, per partecipare attivamente e direttamente alla competizione. Lo ha fatto, senza secondi fini, con la nobile convinzione che le idee non bisogna soltanto professarle, occorre confrontarle con gli altri, sottoporle alla valutazione degli altri. Ed ha voluto mettere in discussione, partecipando ad una elezione politica, anche la sua persona di cittadino, che non ha mai "nascosto" le sue idee e le sue convinzioni, anche quando il conformismo dominante della classe intellettuale gli avrebbe dovuto "consigliare" altre scelte con altre "terrene" finalità.
Ed ha pagato di persona il prezzo del suo sconfinato amore per la "Libertà"! Ricordiamo Bruno nell’intimità della sua biblioteca, quasi custode di cose semplici e buone. Ricordiamo di lui la spontaneità, quasi fanciullesca, del marito felice e orgoglioso (grazie… Annamaria!). Ricordiamo il padre tenero ed a volte entusiasta, anche perché Giuseppe gli appariva più concreto, come forse egli riteneva di non essere stato. Ricordiamo, infine, l’amico candido ed ineguagliabile: grazie Bruno perché ti abbiamo conosciuto! Infine, è utile riportare anche alcuni brani del testo di Toni Iermano :“In ricordo di uno studioso e di un amico”. Egli ricorda con emozione che in una lontana serata del dicembre 1989 nella sala del Consiglio Provinciale di Caserta si presentava il volume di autori vari Benedetto Croce e la cultura del Novecento. Alla discussione parteciparono Raffaello Franchini, Tommaso Pisanti, Giuseppe De Nitto, Mario Giordano, Toni Iermano e Bruno Iorio. “In quella occasione ebbi modo di conoscere Bruno e di apprezzare da subito la sua generosità e intelligenza critica. Parlammo a lungo della presenza del pensiero crociano nella società italiana del primo novecento e, ospite della sua casa colma di libri, della cultura meridionale dell’Ottocento e dello storico borbonico Giacinto De’ Sivo, un conterraneo verso il quale il Nostro, sulla scia di una remota sollecitazione crociana, nutriva un anticonformistico e mai nostalgico interesse.
Tra i miei libri conservo Un “eroe” borbonico, la ristampa dell’Elogio che De’ Sivo dedicò al generale Ferdinando Nunziante, apparsa a cura di Bruno, pei tipi di Galzerano editore nell’ormai lontano 1988. Così continua il suo racconto: “A Caserta, credo fosse l’inverno del 1998, presentammo e discutemmo insieme la ripubblicazione di Napoli a occhio nudo di Renato Fucini nella Biblioteca del Seminario Vescovile. Come sempre anche in quell’ occasione concordammo su vari argo menti del dibattito storiografico meridionalistico. Parlammo anche dell’opera narrativa di Anna Maria Ortese e mi colpì ancora una volta la vasta competenza letteraria di Bruno. Le sue riflessioni si orientavano, infatti, verso lo studio del pensiero politico europeo ma non trascuravano il campo dell’indagine meridionalista, coltivata con passione e vigore. Da sincero e leale studioso di problemi politici non nascondeva le sue idee né il suo interessamento per la vita pubblica. A differenza di tanti qualunquisti, memore delle riflessioni del Croce di Etica e politica, preferiva poco censurare l’andamento della pubblica amministrazione per dedicarsi, invece, alla concretezza del proprio lavoro intellettuale”.
Una conoscenza robusta del pensiero liberale classico portava B. Iorio a condividere una tradizione in cui s’intrecciavano rigore etico e sensibilità verso le questioni sociali, religione della libertà e profonda vocazione al rispetto delle regole della democrazia. In questa direzione notevole resta la sua indagine sulla riflessione politica di Carl Schmitt e sulle teorie del totalitarismo, raccolta nel volume Cari Schmitt e la nostalgia del tiranno, edita a da Giannini nel 1987. Un contributo incisivo e duraturo su una questione che ha incuriosito e sollecitato l’intelligenza critica di Iorio nel corso degli anni. Con questo richiamo letterario, si conclude il ricordo di Iermano: “Croce in una pagina dedicata ai trapassati ha scritto che la nostra vita non è altro che un correre alla morte, alla morte dell’individualità. Per chi come Bruno Iorio ha dedicato tutta la propria breve ma operosa esistenza alla scienza della politica nel nome della sincerità e della buona fede resterà opera, distante e vivente, oramai, dall’ineluttabile scomparsa della fragile esistenza”.
Tommaso Pisanti, studioso di letteratura americana e docente universitario
Come sono stati ricordati sul sito www.liberalsocialisti.org nel 2013, da qualche anno è scomparso a Caserta il prof. Tommaso Pisanti, docente universitario di letteratura anglo-americana, dantista, traduttore, comparativista, raro testimone e promotore di vita culturale e civile. Con lui si è spenta una vivida e preziosa luce di cultura vera, di umanità rara, di appassionata tensione civile. Tommaso Pisanti ha incarnato da testimone indimenticabile quella Italia civile, seria, operosa, partecipe, umbratile, che non sale nelle cronache clamorose superficiali, che affollano e stordiscono il quotidiano, ma che sola mantiene ed alimenta il fondo etico di una società, di una nazione, come l’Italia, esposta nella sua storia recente a tanti sbandamenti, a tanti smarrimenti. Tommaso amava profondamente questa nostra patria italiana repubblicana liberale e democratica, erede di quel Risorgimento che ne aveva realizzato le fondamentali premesse e condizioni storiche di unità e di costituzionalismo, dopo secoli di divisione, di soggezioni straniere, di dispotismi vari.
Circolava nelle sue vene anche sangue garibaldino, avendo avuto un avo volontario combattente ai Ponte a Valle di quella Maddaloni che era la sua città natale (1930), sempre nostalgicamente e caramente presente nella sua memoria, benché avesse poi scelto di risiedere a Caserta, il capoluogo della provincia amatissima, studiatissima, percorsa paese per paese (i suoi memorabili “micro viaggi”, ricchi di esperienze e lezioni a volte più dei “macro viaggi”), ma sempre vicina a Maddaloni. La patria italiana, la nazione italiana, il loro destino, la loro memoria nobile, il loro progresso e la loro modernità erano stelle polari e aspirazioni del suo universo umano, morale, civile, culturale ed aveva scelto di assumere come figura centrale del suo primo, ma costante impegno di studioso e di animatore culturale, la solenne figura di Dante, il creatore della lingua italiana, padre del nostro popolo e insieme uno dei geni della letteratura universale. Su Dante Pisanti ha scritto opere fondamentali e originali, come quella sulla sua presenza nella letteratura americana, altro suo fondamentale settore di impegno di studioso, che lo ha portato poi a raggiungere e ad assumerne la cattedra universitaria presso l’Università di Salerno.
Pisanti è stato dirigente della “Società Dante Alighieri”, ha fatto della sua casa la sede del Comitato provinciale con sua moglie, la prof.ssa Rosa, forza e conforto della sua vita, di rara sensibilità, distinzione, cordialità umana, di grande finezza culturale, profondamente consonante con gli interessi vari e vasti man mano coltivati dal suo Tommaso, il cui prodigioso lavoro di saggista e di traduttore non si può comprendere senza quella costante, diuturna, forte vicinanza.
A nome della “Dante Alighieri” Pisanti ha portato in varie città del mondo, con predilezioni verso i paesi scandinavi, la dignità, l’altezza della cultura italiana con la luce vivida della sua intelligenza critica, che sapeva sovranamente con sapienza, forza e chiarezza muoversi sui più complessi e vari temi, dominando come pochi non solo la letteratura italiana e quella anglo-americana, ma anche e profondamente le letterature greca e latina, francese, spagnola, tedesca. Da quei viaggi sapeva trarre non solo arricchimenti e relazioni culturali e personali, ma anche preziosi e illuminanti indicazioni e spunti più generali sul carattere dei popoli conosciuti, ampliando le spettro della sua sensibilità e della sua visione dell’umano colto sempre più nella sua poliedricità (perciò l’attrazione sempre più fervida con studi e traduzioni verso l’altro grande genio della letteratura mondiale, Shakespeare) e ne faceva partecipi con calda generosità e festosità gli amici che, con sincerità e fedeltà, lo frequentavano e attorniavano tra Caserta, Minturno, Formia, dove era solito trascorrere con gioia e distensione le sue estati.
La curiosità del più vasto mondo, accanto a quella locale, per la cara Terra di Lavoro, nella sua storica ampia configurazione dall’estremo Lazio meridionale all’area nolana, si innestava anche sulla grata memoria del padre emigrante temporaneo tra Europa ed Africa e si era concentrata sul singolare mondo americano, così nodale e decisivo nella storia novecentesca e attuale del mondo. Pisanti ha esplorato e illuminato con saggi e libri memorabili la letteratura, la cultura e quindi la sensibilità e la visione del mondo e gli ordinamenti delle colonie americane, prima subalterne all’Inghilterra monarchica, poi divenute Stati Uniti repubblicani liberi e indipendenti con memorabile rivoluzione e con più memorabile Costituzione, che ebbe l’ardire di porre accanto alla centralità della libertà, della democrazia, del federalismo, il più memorabile rilievo dell’umana individualità, col diritto riconosciuto solennemente a realizzare finanche la felicità.
Poter realizzare il proprio destino, la propria vocazione, poter vivere liberamente la propria fede, poter espandere nel modo più ampio possibile la propria personalità creando un contesto, una società che ne potessero assicurare il raggiungimento e non essere o divenire invece ostacoli o nemici di esse, sono state e restano le stelle polari del mondo americano, verso cui Pisanti, libero di animo e di mente, ha rivolto costantemente, quasi naturalmente, lo sguardo di profonda curiosità e di approfondimento, contribuendo a sostituire l’immagine superficiale e deformata della letteratura americana (e quindi del mondo americano, spesso ridotto al film western e alla coca cola) con una visione filologicamente e criticamente più fedele, più vera, quindi più feconda di positivi effetti culturali, civili, anche politici, per l’Italia e l’Europa, malati di esiziali, sempre incombenti, etnocentrismi.
Quel vasto mondo di spazi e natura, poi di progressi economici e tecnologici straordinari, che nemmeno con l’immaginazione si può cogliere, ma solo vivendolo o visitandolo da costa a costa, dall’Atlantico al Pacifico, lentamente e attentamente, come hanno fatto Tommaso e Rosa, ha visto configurarsi un tipo di umanità maschile e femminile, una società singolari, con limiti e contraddizioni, ma con una caratteristica forza, una energia mobilitata al diapason, di immigrati religiosi e non, che avevano rotto definitivamente, col viaggio senza ritorno, con l’Europa degli assolutismi religiosi, politici, degli irrigidimenti e degli immobilismi sociali ed economici, contrapponendosi programmaticamente e sistematicamente ad essi. Tommaso sapeva bene che quell’individualismo estremo, nel mentre esaltava giustamente la libertà, la individualità, la personalità, aveva reso daltonici rispetto al valore dell’eguaglianza, vista sempre come antitetica alla libertà, ma pagandolo con tragiche cadute costanti nella discriminazione, razziale e sociale, e nell’abbandono al pauperismo e alla emarginazione di fasce vaste della popolazione.
Perciò la sua predilezione andava verso le società scandinave, dove i valori della libertà, della individualità, della dignità personale, della democrazia non erano mai disgiunti dai valori della solidarietà sociale, della non emarginazione, compiti di uno stato liberale e democratico, ma anche di ispirazione socialista e cristiana, incarnato ed esaltato dai governi specialmente a guida socialdemocratica.
Egli è stato politicamente insieme liberale e socialdemocratico, dalla giovinezza e fino alla fine, cogliendo in quelle posizioni, con acutezza profetica, specialmente contro le tragiche ubriacature socialcomuniste che guardavano a Mosca stalinista, la loro storica superiorità in termini umanistici, sociali, economici, civili, culturali. Abbiamo avuto modo di conoscerlo tardi, in alcuni incontri sulla letteratura organizzati nella Piazza del Sapere della Feltrinelli, di cui fu uno dei primi entusiastici sostenitori, sempre partecipe con il suo acume di studioso rigoroso e pieno di curiosità. In particolare ricordo la serata che organizzammo in omaggio a lnge Feltrinelli con il video libro a lei dedicato, che attraversava la storia della cultura italiana e mondiale. Anche in quella occasione non tralasciò di interloquire con la prestigiosa editrice.
Certamente alla sua biografia si connota bene il carattere che abbiamo inteso dare alle iniziative delle Piazze del Sapere, luoghi aperti, di promozione della vita culturale e della conoscenza. Possiamo dire che queste caratteristiche lo avvicinavano molto ad un altro intellettuale di spessore, morto poco prima di lui, quale fu Bruno Schettini, pedagogista sociale e intellettuale “glocale” (come lui amava definirsi), con le radici sempre ben piantate nella identità della sua terra ma con lo sguardo rivolto alla dimensione complessiva del mondo. Di sicuro questo fu il tratto saliente anche di Tommaso, che ci ha offerto tanti studi e ricerche sulle culture di altri mondi, a partire da quelle molto frequentate del continente americano. Basta scorrere la sua ricca bibliografia da cui emerge una sua attività critica in chiave prevalentemente comparatistica. Tra la sua produzione letteraria annotiamo: Poesia del Novecento americano (1978), Dantismo americano (1979), Il sogno di Olav e altra poesia norvegese (1983), Il ghiaccio e il fuoco (1986), Tutto il teatro di Shakespeare, Spoon River e altro Novecento (1990}, Le poesie di E.A. Poe (1990), I “saggi” di Emerson, L’un lido e l’altro. Circolazione dantesca e altri saggi (1993), Storia della letteratura americana (1994), Il fragile schermo. Incontri e confronti di letteratura comparata (1997), oltre a opere su F.S. Fitzgerald e di Virginia Woolf. Ha tenuto incontri e conferenze in Italia e all’estero. Pisanti, già docente di letteratura nordamericana alla Università di Salerno, è stato un insigne dantista, critico, saggista, traduttore A connotare il prestigio a lui riconosciuto anche a livello nazionale basta ricordare il Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri; nel 1990, il premio “Minturno” per il giornalismo culturale. In tal senso va il ruolo svolto nel Consiglio nazionale della “Dante Alighieri”.
Come è stato sottolineato da un suo critico, per Pisanti “leggere è un atto doveroso per chi voglia essere veramente una uomo persona adulta, capace di interpretare gli eventi e di partecipare al loro svolgersi come cittadino attivo, consapevole e responsabile”. Giustamente egli riteneva che chi non legge e studia rimane un analfabeta della mente e dell’anima. Al riguardo si distingue un suo preziosissimo, essenziale (di appena 96 pagine, ma dense di cultura e di sapere) libro su ‘Storia della letteratura americana’, pubblicato nel 1994 dalla casa editrice romana ‘Newton Compton’ nella collana ‘Tascabili economici’ al prezzo di 1.000 lire, oggi meno di un euro. Questo saggio, dall’angolatura letteraria, ma ricco di preziosi riferimenti sulla storia civile e politica, offre un contributo preziosissimo per cogliere il volto vero, il profondo dell’anima americana, della storia americana, dalla prima emigrazione degli inizi del Seicento alla fine del Novecento.
Franco Carmelo Greco, una vita per la letteratura ed il teatro
Come viene documentato nel bel Blog che gli è stato dedicato dagli eredi, Franco Carmelo Greco, nato a Napoli il 2 marzo del 1942, dal ’50 al ’53 è stato con la famiglia in Argentina. Rientrato in Italia, ha completato le scuole medie a Sessa Aurunca in provincia di Caserta e ha frequentato il biennio del ginnasio in seminario a Benevento. Ha poi completato il liceo e ottenuto il diploma di maturità classica all’”Umberto” di Napoli. La famiglia si è spostata a Caserta nei primi anni Settanta. Tra il ’64 e il ’68 Franco Carmelo Greco è stato studente universitario. Si è laureato con lode in Lettere (indirizzo classico), discutendo con Salvatore Battaglia una tesi in Letteratura italiana su L’attività teatrale di G. B. Della Porta, in seguito divisa e pubblicata in quattro saggi. È divenuto titolare di cattedra di Italiano e Latino nei licei nell’anno ’73-74, ma il primo incarico di insegnamento, a Tora e Piccilli (in provincia di Caserta), risale al ’69-70, seguito da alcuni altri incarichi temporanei di docenza presso il Liceo Classico “Giordano Bruno” di Maddaloni e in altri istituti della provincia di Caserta. Nel frattempo, Greco ha vinto una Borsa di studio presso l’Istituto internazionale per la ricerca teatrale e la Fondazione “Giorgio Cini” di Venezia, successivamente una Borsa di ricerca e perfezionamento del Ministero della Pubblica Istruzione, biennale e rinnovabile, della quale godere presso la I Cattedra di Letteratura italiana dell’Università di Napoli, dove Aldo Vallone era subentrato allo scomparso Salvatore Battaglia. Greco ha percorso, fino al conseguimento della cattedra, le tappe intermedie del “cursus” universitario: borsista, assistente volontario, contrattista (dal ’74-75), assistente incaricato ed assistente ordinario (dal ’75 al ’77), poi docente associato di Letteratura teatrale italiana e infine di Storia del teatro moderno e contemporaneo, disciplina della quale è divenuto docente di ruolo presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Prima dell’istituzione per iniziativa di Greco, in una città dalla straordinaria tradizione teatrale come Napoli, non esisteva un insegnamento di storia del teatro.
Nelle lezioni universitarie di Franco Carmelo Greco, tra le più seguite e affollate del corso di laurea in Lettere dell’ateneo federiciano, sono stati costantemente coinvolti attori, registi, autori teatrali di fama nazionale e internazionale (Dario Fo, Leo De Berardinis, Toni Servillo, Geppi Glejeses, Luca De Filippo, Tato Russo, Mariano Rigillo, Enzo Moscato, Mario Martone, Maurizio Scaparro). Nell’ateneo federiciano e presso il Teatro di San Carlo, Greco ha promosso, nel marzo del 1985, una due giorni per ricordare Eduardo De Filippo a quattro mesi dalla morte: il convegno Eduardo e Napoli/Eduardo e l’Europa, in collaborazione con Università di Roma e Azienda Turismo. Greco ha inoltre ricostituito il CUT – Centro Universitario Teatrale “L’Arsenale delle Apparizioni” dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, del quale è stato responsabile scientifico. Nel 1989 ha fondato, presso il Teatro Bellini di Napoli, un’Accademia d’arte drammatica e l’ha diretta per un anno. Ha fatto parte del Comitato scientifico del Dottorato di ricerca in Italianistica dell’Università di Napoli e di quello in Storia del teatro dell’Università di Salerno (in convenzione con l’Istituto Universitario Orientale di Napoli). È stato docente del Corso di Perfezionamento in Discipline del Cinema, della Musica e del Teatro presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. È stato, infine, ripetutamente membro della Giunta del Dipartimento di Filologia Moderna dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.
Dal 1987 ha diretto la collana dell’”Archivio del Teatro e dello Spettacolo” per le Edizioni Scientifiche Italiane di Napoli. Nel 1994 ha assunto la funzione di consulente scientifico della Bellini Editrice e ne ha diretto la collana “I preziosi”, per la quale sono usciti I pazzi di Roberto Bracco, Malìa di Luigi Capuana, Rosaura rapita di Salvatore Di Giacomo, Lucilla Costante di Silvio Fiorillo. Per la stessa collana, Greco ha curato e introdotto la sua traduzione con testo a fronte de L’isola degli schiavi di Marivaux, messo in scena nello stesso anno (1996) da Giorgio Strehler. Ha redatto un profilo del Teatro italiano del secondo Ottocento e uno del Teatro italiano del Novecento per l’editore Bollati Boringhieri di Torino, nel IV volume del Manuale di letteratura italiana, a cura di Franco Brioschi e Costanzo Di Girolamo (Torino, Bollati Boringhieri, 1996, pp. 995-1013 e pp. 1014-1080). Tra le sue pubblicazioni vanno ricordate: Teatro napoletano del ’700. Intellettuali e città fra scrittura e pratica della scena. Studio e testi, Napoli, Pironti, 1981; La tradizione ed il comico a Napoli dal XVIII secolo ad oggi, vol. IV di La scrittura e il gesto. Itinerari del teatro napoletano dal Cinquecento ad oggi, Cataloghi delle Mostre, 5 voll., Napoli, Guida, 1982; Il Teatro del Re. Il San Carlo da Napoli all’Europa, in collaborazione con G. Cantone, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1987; Quante storie per Pulcinella/Combien d’histoires pour Polichinelle, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1988; Pulcinella. Una maschera tra gli specchi, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1990; Pulcinella maschera del mondo. Pulcinella e le arti dal Cinquecento al Novecento, Napoli, Electa, 1990; La pittura napoletana dell’Ottocento, Napoli, Pironti, 1993; Eduardo e Napoli. Eduardo e l’Europa, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1993; La scena illustrata. Teatro, pittura e città a Napoli nell’Ottocento, Napoli, Pironti, 1995; Doninzetti. Napoli. L’Europa, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2000; I Percorsi della scena. Cultura e comunicazione del teatro nell’Europa del Settecento, Napoli, Luciano Editore, 2001.
Numerosi altri saggi sono comparsi su periodici letterari e artistici o in volumi miscellanei curati da altri studiosi: l’elenco è nella sezione di Bibliografia. Animatore culturale e appassionato organizzatore di rassegne spettacolari, di convegni e mostre, Franco C. Greco ha diretto l’Associazione e centro studi “Teatro Incontro”, fondata nel 1973, e l’Archivio del Teatro e dello Spettacolo, costituito nel 1982 presso la Cattedra di Letteratura teatrale italiana e poi attivo presso quella di Storia del teatro moderno e contemporaneo. Ha allestito varie mostre sul teatro: sulla commedia dell’arte, in collaborazione con Franco Mancini, nel 1982, curando il relativo Catalogo (Napoli, Guida, 1982); sulla tradizione teatrale a Napoli e il comico, nello stesso anno, curando il relativo Catalogo (Napoli, Guida, 1982); ha curato il Catalogo della Mostra sull’attore a Napoli negli anni Ottanta (Il segno della voce, Napoli, Electa, 1989); ha allestito, presso il Museo Diego Aragona Pignatelli Cortes di Napoli, una mostra su Pulcinella maschera del mondo. Pulcinella e le arti dal Cinquecento al Novecento (novembre 1990 – gennaio 1991), che ha avuto grande riscontro internazionale, e ne ha curato il Catalogo edito dall’Electa; su Titina De Filippo (Napoli, Teatro di San Carlo, settembre-novembre 1996), curandone il catalogo con Filippo Arriva (Napoli, Elio De Rosa, 1996).
Con l’Associazione “Teatro Incontro” e con l’Archivio del Teatro e dello Spettacolo Greco ha realizzato e allestito mostre d’arte e di scenografia, tra le quali: Illusione e pratica teatrale, in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini di Venezia, nel 1975 (catalogo curato da vari autori per le edizioni vicentine di Neri Pozza); spettacoli e rassegne di teatro e di musica (ultime in ordine di tempo: a Pasqua del 1992 gli Itinerari guidati nella musica della Napoli barocca di Ribera, parallelamente alla grande mostra su Ribera tenutasi in Castel Sant’Elmo di Napoli; dal dicembre 1992 all’aprile 1993 gli Itinerari guidati nella Napoli sacra, ciclo di concerti in trenta chiese napoletane riaperte alle visite, per il restauro di tre opere d’arte cittadine).
Inoltre, Greco ha collaborato con quotidiani, riviste e periodici; autore teatrale e radiofonico, ha realizzato spettacoli con Roberto Benigni, Marco Messeri, Paolo e Lucia Poli, Leopoldo Mastelloni, Lucio Colle e altri; per la RAI ha curato un ciclo di trasmissioni radiofoniche con Enrico Zummo, intitolato Teatri d’archivio, realizzato in collaborazione tra la Rai e l’Università degli Studi di Napoli Federico II. Nel 1997 ha ideato e promosso un grandioso progetto (che poi non ha potuto portare a effetto) per una celebrazione teatrale del bicentenario della rivoluzione napoletana del 1799, in una collaborazione tra l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, il Comune di Napoli e l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Il progetto, intitolato ‘A rivoluzione!, prevedeva una drammatizzazione della scena “rivoluzionaria” urbana attraverso una serie di spettacoli da scrivere e da rappresentare prima in ambito scolastico, in Campania e in tutto il sud Italia, poi nei luoghi storici legati alla memoria degli eventi rivoluzionari nella città di Napoli, insieme a conferenze, dibattiti, incontri, pubblicazioni, con dirette radiofoniche e televisive. La realizzazione del progetto avrebbe coinvolto, oltre agli istituti scolastici, anche le scuole e le accademie di teatro di Napoli, a partire dal Centro Universitario Teatrale della “Federico II”.
Nell’anno della improvvisa scomparsa a Napoli (il 19 agosto del 1998, all’età di cinquantasei anni), a Franco Carmelo Greco sono stati assegnati il Premio Utopia “Lamont Young” e il Premio PulciNellaMente (rassegna nazionale di teatro-scuola), alla prima edizione. Alla memoria dello studioso napoletano sono stati intitolati, a partire dalla stagione teatrale 2004/2005, una sezione del Premio Girulà – Teatro a Napoli, una sala del Teatro Comunale di Caserta e, ancora dal 2004, un premio della città di Caserta destinato a quanti, tra registi, attori, drammaturghi e studiosi, si siano distinti nell’attività e nel mondo del teatro. Il premio è stato assegnato, nella sua prima edizione, all’attore e drammaturgo Enzo Moscato, il 26 febbraio del 2004.
Ricercatore infaticabile ed entusiasta, scrittore, giornalista, organizzatore di eventi che hanno lasciato un segno nella vita culturale nazionale e internazionale, Greco è stato il primo docente di Discipline dello spettacolo nell’ateneo federiciano. Grazie a lui l’università scopriva il teatro, e con l’università moltissimi giovani e meno giovani, per i quali un immenso patrimonio di tradizione e di inventiva a Napoli e in tutto l’Occidente diventava improvvisamente un campo di analisi, di esplorazione e conoscenze. Nel corso del suo magistero, Greco, uomo eclettico e straordinario, ha incrociato e segnato inconfondibilmente la vita e la carriera di tanti. Come lo ha ricordato il suo collega ed amico Bruno Iorio (anche lui prematuramente scomparso), egli era intellettuale prima di tutto, avido, curioso, insaziabile di sapere, prolifico generatore di progetti, libri, riviste, conferenze, idee, spettacoli e ancora idee e ancora libri. “Fu giovane assistente di Battaglia, vulcanico, attivissimo, con i capelli mobilissimi, quasi cercava di afferrare e trasfigurare le cose dette ritrovandole già dinanzi al ragazzotto neolaureato con in testa l’Università (e Battaglia), ma più laico (più scettico), più mangia baroni e più mangia padroni, il mondo di ieri”.
Franco è stato protagonista di mille avventure e percorsi culturali, teatrali e non, nella sua Napoli nobilissima, a Caserta e all’estero, progettista e artefice, rapido ed efficace, promotore di molte iniziative meritorie di letteratura ed arte d’alto profilo, fu in fine autore di libri prestigiosi che presto si diranno fondamentali.
Perfino negli ultimi giorni quanti appunti di lavoro consegnati a parenti ed amici: aveva ancora un progetto da ultimare, qualcosa da fare, una pietra da portare ancora a destinazione nell’interminabile edificio della cultura. Già, Franco conosceva bene la poesia di Mario Luzi (da Nel magma, Milano, 1966, p. 23) che apre la celebre Mitografia del personaggio di Salvatore Battaglia, uscita, guarda caso, nel ’68: “Anche tu sei nel gioco, anche tu porti pietre rubate alle rovine verso i muri dell’edificio”. Nessuno meglio di Franco ha espresso questa dura e sacrificata religione della cultura come costruzione interminabile, pietra su pietra, opera su opera, spettacolo su spettacolo, libro su libro, memorie degli ultimi strappate alle rovine e consegnate al futuro. In quello stesso anno su La Repubblica il critico Giulio Baffi lo definì “L’uomo che scoprì il teatro dimenticato”. E commentò che nessuno come lui conosceva i segreti percorsi che dal teatro del Quattrocento e del Cinquecento hanno portato fino ai nostri giorni un bagaglio prezioso di comicità. Franco Carmelo Greco sapeva il perché della comicità irresistibile e incosciente di tanti attori entrati a far parte di una entusiasmante leggenda; conosceva la scrittura di autori noti a pochi, trascurati da molti, che con i loro canovacci e le loro commedie avevano posto le fondamenta di un teatro capace di attraversare i secoli giungendo fino a noi. La sua era una scrittura irruenta e complessa, colta e popolarissima. Il critico ricorda anche il rapporto che Greco aveva con gli studenti, con i giovani che seguivano entusiasti le sue lezioni di Storia del teatro alla Federico II. Fu spettatore attento di tanti avvenimenti di teatro, protagonista di incontri, dibattiti, convegni, seminari. Instancabile e tenace. Quello della cultura napoletana era territorio in cui era pronto a dar battaglia sorridendo. “Storico del teatro, allievo di Salvatore Battaglia, i suoi libri, i saggi, le preziose raccolte che ha pubblicato, e soprattutto il lavoro lungo e puntiglioso come docente, sono una testimonianza che ci rimarrà a lungo. Quando sarà impallidito il ricordo della sua allegra, irruenta, cordiale, amichevole presenza”. Concludiamo questo ricordo di Franco C. Greco con le parole di Toni Servillo, grande attore: “Franco Greco era capace di coniugare l’interesse per il teatro del ‘700 con quello contemporaneo. Ricordo quando portò Benigni a Caserta, lo fece dormire a casa sua… Quando ero con lui, nel suo studio pieno di libri, mi sentivo come in una zona franca assolutamente decontestualizzata e quindi sprovincializzata. Con Franco condividevo il suo proiettarsi in una dimensione nazionale… Perdere Franco è significato perdere un compagno di strada. Quando decisi ad esempio di affrontare la tradizione napoletana, molti dei miei coetanei, da Mario Martone a Enzo Moscato, storsero il naso. Lui, invece, mi incoraggiò ad una rilettura moderna. Poi gli altri seguirono a ruota. Dico questo per spiegare che “aveva le antenne”, capiva quale direzione prendere. Ed univa una grande vitalità ad un estremo rigore filologico».
Gabriele Marino, artista
Il mondo dell'arte è in lutto per la scomparsa del maestro Gabriele Marino. Aveva 85 anni quando ci ha lasciati nel mese di marzo 2022. Originario di Succivo, cresciuto a Napoli, casertano di adozione. Viveva a San Prisco. È stato annoverato dalla rivista “Flash Art” tra i cento migliori artisti degli ultimi quarant’anni in Italia.
Gabriele Marino è stato certamente una figura chiave della storia artistica contemporanea generatasi in Campania. Va ricordato che fece da tramite e ponte di congiunzione tra i movimenti sperimentali napoletani degli anni Sessanta e i primi tentativi innovativi in Terra di Lavoro. La produzione di Gabriele Marino, pur essendo stata sempre in linea con la ricerca artistica internazionale, non ha mai tradito le origini. Negli anni ’60 si lascia influenzare dalla pop art americana con la sua arte che si è trasformata in impegno nei decenni a venire. Fu esponente di spicco dei movimenti sperimentali sorti con l’impulso dell’impegno culturale e politico che aprì una stagione di rivolta — in senso camusiano — anche in Campania a metà degni anni ‘60 del secolo scorso. Col trascorrere del tempo ha elaborato un linguaggio sempre più raffinato, evocativo. Una produzione citazionista, che si connota per una ripresa ironica e spregiudicata di capolavori della storia dell’arte. L’artista riesce a stabilire un rapporto fecondo con la citazione o l’oggetto manipolato, esaltando la funzione del cambiamento di registro e la consapevole contraddizione tra la serietà del modello e l’ironia della sua elaborazione.
Biografia. Era nato ad Atella di Napoli, oggi Succivo, vicino ad Aversa che all’epoca si chiamava Atella di Napoli, ha sempre lavorato a Napoli, cogliendo le stimolanti e rivoluzionarie proposte artistiche che si imponevano con il boom economico e finendo per connetterle ai fermenti di innovazione che si affacciavano, in quegli anni, anche in Terra di Lavoro. Esercitò pertanto un ruolo fondamentale, assieme al fratello Livio detto l’Atellano, nella corale opera di ridefinizione del linguaggio artistico — che coinvolse pittori di eccellente caratura come Crescenzo Del Vecchio, Andrea Sparaco, Antonio De Core, Peppe Ferraro, solo per citarne alcuni — esplorando attraverso il registro espressivo dell’ironia e della provocazione il mondo della tradizione e quello misterioso, tutto da costruire, ma libero di volare sulle ali della immaginazione. Fu una stagione irripetibile, quella degli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso (basti citare l’esperienza del collettivo Linea Continua) nel quale Gabriele Marino e gli altri suoi compagni di ventura trovarono fertili opportunità di affermazione, con espressioni artistiche emergenti, ma con le radici ben piantate nelle tematiche sociali più scottanti.
Basta ricordare le varie iniziative a carattere culturale, politico e sociale che lo videro protagonista nelle Feste dell’Unità nella Flora; come quelle di solidarietà dedicate ai popoli e ai movimenti di emancipazione liberazione del terzo mondo e del sud America, sempre affiancato da altri protagonisti di quel “rinascimento artistico” casertano, come il suo carissimo amico Andrea Sparaco. Gabriele ha dedicato molti anni della sua vita al mondo dell’arte e della pittura. Dalla metà degli anni sessanta che il maestro, classe 1937, atellano di nascita, napoletano di formazione e casertano di adozione, è partecipe e protagonista dei movimenti innovativi nel campo dei linguaggi visivi, con vasta eco a livello nazionale. È stato una figura chiave della storia artistica contemporanea generatasi in Campania. Facendo da ponte di congiunzione tra i movimenti sperimentali napoletani degli anni Sessanta e i primi tentativi innovativi in Terra di Lavoro, insieme con il suo grande amico e collega Crescenzo Del Vecchio. A Caserta i due trovarono in figure come Andrea Sparaco e Antonio de Core i compagni di strada ideali per dare inizio a una vera e propria rivoluzione dei linguaggi visivi in Terra di Lavoro. Tale cambiamento radicale ebbe inizio nella seconda metà degli anni Sessanta e durò per tutti i Settanta portando Caserta, in sinergia con Napoli, ai massimi livelli nazionali, grazie anche al contributo di un critico come Enrico Crispolti, scomparso proprio nei giorni scorsi, che tanto seppe valorizzare l’arte nel sociale.
In memoria di Mario Raffa, un innovatore
Come ha ben sottolineato il prof. Giuseppe Zollo (suo amico fraterno e collega universitario al dipartimento di Ingegneria della Federico II), Mario Raffa è stato uno dei soci fondatori di Aislo. Fin dall’inizio ha sempre prestato grande attenzione ed ha sostenuto con impegno professionale e scientifico le sue iniziative, con il suo costante apporto creativo per le start up di nuove imprese fatte da giovani talenti.
In particolare va ricordato il suo ruolo trainante negli incontri internazionali di studio tenuti in Puglia e in Campania (a Bari, Barletta e Napoli Città della Scienza) sul tema: “città, sviluppo e innovazione”. In tali eventi tenne delle vere e proprie lectio magistralis, coordinando vari gruppi di lavoro e seminari tesi a far emergere il nesso stretto tra saperi moderni e competenze da porre alla base dei processi di sviluppo locale e coesione sociale nei vari contesti locali e territoriali, in un’ottica di grande apertura con la globalizzazione.
Biografia. Mario Raffa nato a Calvi San Nazzaro (BN) il 17.03.46 laureato in Ingegneria elettrica nel 1973, entrò da subito nel CSEI - Centro Studi di Economia Applicata all’Ingegneria, presieduto dal prof. Luigi Tocchetti. La sua formazione e le successive attività didattiche e scientifiche sono state segnate da questa esperienza e dal lavoro svolto in quegli anni nella Fondazione Politecnica per il Mezzogiorno d’Italia, il cui scopo è stato quello di far crescere la cultura scientifica nel Mezzogiorno. Nello stesso periodo ha lavorato in un piccolo stabilimento campano di una multinazionale, con funzione di staff del direttore tecnico, con il compito di collaborare alla riorganizzazione della funzione qualità sotto gli aspetti tecnico-logistico e gestionali.
Ha successivamente lasciato l’industria privata avendo vinto una Borsa di studio in Economia applicata all’Ingegneria presso la Facoltà di Ingegneria di Napoli, dove ha intrapreso il percorso di ricercatore universitario svolto in Italia e all’Estero. In particolare alla fine degli anni 80 è stato Borsista CNR presso l'Università di Newcastle Upon Tyne (UK) interessandosi dei sistemi di impresa “a rete” e delle imprese ad alta tecnologia (telecomunicazioni, software, aeronautico, telematico, auto, elettronico in senso lato), che in quegli anni rappresentavano la frontiera della ricerca per sostenere lo sviluppo delle aree industriali investite dai processi di crisi, nonché per riorganizzare la Pubblica Amministrazione di fronte a questi cambiamenti. Successivamente ha trascorso periodi di studio e ricerca negli Stati Uniti, in Giappone, oltre che in numerosi paesi europei (Svezia, Olanda, Spagna) interessandosi del rapporto tra nuove tecnologie, professionalità e cambiamento organizzativo sia nelle aziende private che nella Pubblica Amministrazione.
Una particolare attenzione è stata dedicata da sempre alla Campania con riferimento ai fenomeni di trasformazione del suo apparato produttivo. Negli ultimi anni si è interessato di imprenditorialità, creazione di nuove imprese, spin-off quali elementi centrali per lo sviluppo del territorio. È stato Professore Ordinario di Ingegneria Economico-Gestionale presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Napoli Federico II, dove ha presieduto Consiglio di Corso di Laurea in Ingegneria Gestionale (1995-2002), Coordinatore del Dottorato di Ricerca in Ingegneria Economico-Gestionale (16°-18° ciclo) e Direttore del Dipartimento di Ingegneria Economico-Gestionale (2000-2005). Dal 1974 ha svolto attività didattica senza soluzione di continuità presso la Facoltà di Ingegneria di Napoli; dal 1991 al 2004 ha insegnato anche presso l’Accademia Aeronautica di Pozzuoli. Dal 1997 ha fatto parte del corpo docente della Scuola Estiva per giovani ricercatori dell’IFPMM di Salisburgo sul "Supply Chain Management" diretta da Attila Chikan, già Ministro dell’Economia ungherese negli ultimi anni.
È stato tra i fondatori dell’Ingegneria Gestionale in Italia e a Napoli e Presidente dell’Associazione italiana di Ingegneria Gestionale nel biennio 2003-2005. Inoltre è stato delegato italiano per il comitato "Research for the benefit of Small and Medium Enterprises” del 7° Programma Quadro e Vice presidente europeo dell'ECSB (European Council for Small Business), la principale associazione europea di imprenditori, ricercatori ed esponenti di istituzioni che si interessano di imprenditorialità, sviluppo e piccole e medie imprese. Nel passato ha ricoperto diversi incarichi scientifici tra i quali quello di Componente del Consiglio Scientifico del CERIS-CNR (Torino). E’ autore o co-autore di alcune centinaia di pubblicazioni. Fa parte dei comitati editoriali di numerose riviste tra cui Journal of Purchasing e Supply Management, Journal of Small Business Management ed è stato vice direttore di Small Business/Piccola Impresa. È stato iscritto e ha collaborato con diverse associazioni scientifiche nazionali ed internazionali: AICA, ANIPLA, AICQ, AiIG, ECSB, ICSB, IPSERA, OMA. È stato responsabile organizzativo/chairman di numerose conferenze nazionali ed internazionali tra le quali la Conferenza mondiale ICSB sulle Piccole Imprese "Innovation and Economic Development: The Role of Entrepreneurship and SMES" nel giugno del 1999.
Tra i fondatori della Fondazione IDIS, ne è stato Vice presidente fino al Marzo 2008. Attualmente era Presidente dell’Associazione Campania Start-Up, il cui scopo è quello di valorizzare i nuovi progetti di imprese mettendo in contatto i proponenti dei progetti con i possibili finanziatori privati.
Nel Governo Prodi ha fatto parte del Gruppo di Lavoro “Ricerca e Innovazione” della Presidenza del Consiglio dei Ministri. È stato il delegato italiano per il comitato “Research for the benefit of SMEs” del 7° Programma Quadro (nel bienno 2007-2008).
Dal maggio 2008 al giugno 2011 è stato Assessore allo Sviluppo del Comune di Napoli.
Dal 2009 è White Wilford Fellow (primo italiano dal 1977, anno di istituzione del prestigioso riconoscimento da parte dell’ICSB – International Council for Small Business), per meriti scientifici, culturali e politici sui temi dell’imprenditorialità e della nascita e sviluppo di nuove imprese.
Dal 2016 è ECSB Fellows (primo italiano ad essere insignito di tale carica dall’European Council for Small Business and Entrepreneurship) per meriti nel campo della ricerca/insegnamento nell’imprenditorialità. Fino all’ultimo la sua attività di ricercatore e di progettista dell’innovazione è stata molto intensa, in particolare a fianco delle imprese e dei giovani impegnati a creare start up innovative. E’ venuto a mancare l’11 marzo del 2022.
"Con la scomparsa di Mario Raffa, Napoli perde un grande innovatore che ha sempre reso protagonisti i giovani valorizzandone il talento. Una grave perdita per la città che non dimenticherà il suo apporto alla comunità da docente e amministratore pubblico". Così il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi.
Come viene ricordato in una nota del suo ateneo, il professore Raffa è stato il principale promotore dell'Ingegneria Gestionale presso il nostro Ateneo ed esponente di rilievo della scuola italiana di Ingegneria Gestionale, dedicandosi con ininterrotta passione ed entusiasmo ad ampliare la cultura tradizionale dell'ingegnere ai problemi del territorio e dell'impresa, sottolineando sempre che la ricerca scientifica e l'attività formativa hanno senso solo se riescono a creare un valore per gli altri, in primo luogo gli studenti e il mondo del lavoro. Tra i meriti più significati del professore Raffa vi è senz'altro la capacità di aver intuito, fin dagli anni ottanta, che l'università non deve svolgere solo attività di ricerca e formazione, ma deve direttamente impegnarsi nella diffusione della conoscenza per la crescita economica e sociale del territorio. È stato un precursore della Terza Missione, promuovendo la nascita della Start Cup Federico II, di cui è stato il primo direttore. In questo ruolo ha realizzato innumerevoli iniziative di trasferimento tecnologico e sviluppo imprenditoriale insieme ad associazioni culturali ed imprese.
E' stato sempre impegnato nella internazionalizzazione delle attività di ricerca, con particolare riferimento alle piccole imprese (ECSB/ICSB) ed alle catene di subfornitura (IPSERA). Negli oltre cinquant'anni di attività didattica e di ricerca è stato un fondamentale punto di riferimento per i colleghi e per gli studenti, che hanno avuto modo di apprezzare la capacità di mobilitare le persone e coinvolgerle in sfide sempre più rilevanti, nella convinzione che un innovatore ha l'obbligo morale di non accontentarsi mai dei risultati raggiunti, ma deve essere un centro motore di iniziative e di aggregazione sociale.
Il suo ricordo rimarrà sempre vivo nei colleghi e negli studenti ed in tutti coloro che hanno avuto l'occasione di condividere con lui momenti di lavoro e conviviali. Le sue doti umane e la sua dedizione all'istituzione universitaria saranno sempre di insegnamento per i suoi allievi. In una nota di Aeropolis si sottolinea che Mario Raffa è stato uomo pubblico e perbene, un professore e un politico serio e disinteressato che ha promosso l’Ingegneria Gestionale presso l’Ateneo di Napoli Federico Il. Negli anni era diventato tra gli esponenti di rilievo della scuola italiana di Ingegneria Gestionale, in sala stasera molti, troppi che lo ritenevano un sognatore, un ingenuo, salvo oggi a riconoscergli lungimiranza e meriti. Pochi, quando era utile farlo, hanno condiviso e sostenuto i suoi sogni. AEROPOLIS lo aveva fatto e continua oggi ancora a farlo. Mario aveva sempre aiutato e apprezzato fin dalla fondazione la nostra associazione. Ne aveva condiviso lo spirito di servizio e l’interesse per i giovani e lo sviluppo dell’economia di un territorio come quello napoletano mortificato, prima tra tutte le considerazioni possibili che possono venire in mente, dalla mediocrità della sua classe dirigente, includendo in essa, chiaramente, quella politica istituzionale e accademica.
Mario si era dedicato con ininterrotta passione ad ampliare la cultura dell’ingegnere ai problemi del territorio e dell’impresa, nella convinzione che la ricerca scientifica e l’attività formativa hanno senso solo se riescono a creare un valore per gli altri, in primo luogo per gli studenti e per il mondo del lavoro. Negli oltre quarant’anni di attività didattica e di ricerca è stato un fondamentale punto di riferimento per i colleghi e per gli studenti, che hanno avuto modo di apprezzare la capacità di mobilitare le persone e coinvolgerle in sfide sempre più rilevanti. È stato sempre guidato dalla convinzione che un innovatore ha l’obbligo morale di non accontentarsi mai dei risultati raggiunti, ma deve essere un centro motore di iniziative e di aggregazione sociale. Notevole è stato il suo impegno nella divulgazione scientifica, in particolare in qualità di direttore della Collana di Ingegneria Economico-Gestionale della ESI – Edizioni Scientifiche Italiane. Inoltre, ha collegato il suo impegno locale entro un contesto di relazioni Internazionali, ricoprendo ruoli di responsabilità nelle associazioni scientifiche ECSB/ICSB (European/lnternational Council for Small Business) e IPSERA (lnternational Purchasing e Supply, Education e Research Association).
Mario, fin dagli anni ’80, ha sostenuto la necessità per gli atenei di impegnarsi nella diffusione della conoscenza per la crescita economica e sociale del territorio. È stato un precursore della terza missione, promuovendo la nascita della Start Cup Federico Il, di cui è stato il primo direttore. In questo ruolo ha realizzato innumerevoli iniziative di trasferimento tecnologico e sviluppo imprenditoriale insieme ad associazioni culturali ed imprese. Chiamato a svolgere il ruolo di amministratore al Comune di Napoli ha sviluppato numerose iniziative a sostegno delle attività produttive della città. Tra i fondatori della Fondazione IDIS-Città della Scienza e presidente dell’Associazione Campania Start-Up, ha favorito l’incontro tra nuovi progetti di impresa e finanziatori privati, e non ha mai fatto mancare il proprio contributo di idee, di proposte e di sostegno alla crescita della comunità cittadina e dei giovani.
L’iniziativa del 6 maggio scorso è stata un momento di riflessione sul patrimonio morale che Mario ha lasciato, con l’obiettivo di rilanciare con maggiore determinazione il progetto di impegno culturale, civico e sociale dell’Ingegneria Gestionale a Napoli ed in Campania. Il suo ricordo rimarrà sempre vivo nei suoi amici e compagni e nei colleghi, negli studenti ed in tutti coloro che hanno avuto l’occasione di condividere con Lui momenti di lavoro, di impegno sociale e conviviali. Le sue doti umane e la sua dedizione all’istituzione universitaria saranno sempre di insegnamento per i suoi allievi e per quanti lo hanno conosciuto e apprezzato.
Biografia. Mario Raffa, già professore ordinario di Ingegneria Economico-Gestionale presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, ha ricoperto tra le altre, le cariche di Presidente del Consiglio di Corso di Laurea in Ingegneria Gestionale (dal 1995 al 2002), Direttore del DIEG – Dipartimento di Ingegneria Economico-Gestionale (dal 2000 al 2005), Coordinatore del Dottorato di Ricerca in Ingegneria Economico-Gestionale (16°-18° ciclo), responsabile scientifico di ODISSEO, Osservatorio sull’innovazione tecnologica e l’organizzazione. Dal 2003 al 2008 è stato Direttore della Start Cup Federico II; nel 2007 Direttore scientifico e nel 2017 referente nazionale del PNI – Premio Nazionale per l’Innovazione. La sua attività di ricerca – per la quale ha ricevuto diversi riconoscimenti internazionali riguarda le piccole imprese innovative, le relazioni di subfornitura, l’organizzazione industriale, l’imprenditorialità. È autore di oltre 200 pubblicazioni scientifiche nazionali e internazionali. È membro e collabora con numerose associazioni scientifiche nazionali ed internazionali tra cui l’Associazione italiana di Ingegneria Gestionale (AiIG) – di cui è stato Presidente nel biennio 2003-2005, International Council for Small Business (ICSB), European Council for Small Business and Entrepreneurship (ECSB), International Purchasing e Supply Education e Research Association (IPSERA). È componente del board editoriale di numerose riviste, nazionali ed internazionali tra cui «Small Business/Piccola Impresa» e «Journal of Small Business Management». Ha fatto parte di numerosi comitati tecnico scientifici tra cui CIRA – Centro Italiano Ricerche Aerospaziali (fino al 2001), CERIS-CNR (Torino), Fondazione IDIS Città della Scienza (Napoli).
Nel Governo Prodi ha fatto parte del Gruppo di Lavoro “Ricerca e Innovazione” della Presidenza del Consiglio dei Ministri. È stato il delegato italiano per il comitato “Research for the benefit of SMEs” del 7° Programma Quadro (nel biennio 2007-2008). Dal maggio 2008 al giugno 2011 è stato Assessore allo Sviluppo del Comune di Napoli. Dal 2009 è White Wilford Fellow (primo italiano dal 1977, anno di istituzione del prestigioso riconoscimento da parte dell’ICSB – International Council for Small Business), per meriti scientifici, culturali e politici sui temi del’imprenditorialità e della nascita e sviluppo di nuove imprese. Dal 2016 è ECSB Fellows (primo italiano ad essere insignito di tale carica dall’European Council for Small Business and Entrepreneurship) per meriti nel campo della ricerca/insegnamento nell’imprenditorialità.
In ricordo di Pier Luigi Lo Presti
Nei giorni scorsi, dopo aver lottato con il suo male, ci ha lasciato Pier Luigi Lo Presti, già dirigente della Regione Campania, una persona intelligente, colta, impegnata e insieme attenta ai rapporti sociali e amicali (come lo ha ben ricordato Adriana Buffardi in un suo posto su FB). Si potrebbe definire un vero “homo civicus”, come piace dire a Franco Cassano.
Anche io come lei ho bei ricordi degli anni di lavoro comune sui temi della scuola e della cultura, in particolar modo durante gli assessorati della stessa Buffardi e di Corrado Gabriele nelle prime giunte di Bassolino in Regione Campania. Infatti Pier Luigi, dopo gli anni di lavoro nel Centro Servizi Culturali di Caserta, è passato a dirigere il settore della formazione a livello regionale, affiancato da una sua cara amica e preziosa collega, come Rita Crisci. Negli ultimi anni di lavoro si è anche occupato del tema delle carceri e dei diritti delle persone detenute.
Di lui mi rimane impresso il ricordo di una persona mite e colta, tenace e competenze nei settori di attività in cui ha operato, sempre disponibile al confronto con gli altri (in primo luogo con i suoi collaboratori). In particolar modo era molto aperto ed attento al confronto con le organizzazioni sindacali, quelle sociali e datoriali. Durante il periodo in cui ho ricoperto il ruolo di responsabile della Federazione Formazione e Ricerca (FFR) della CGIL Campania ho avuto modo di incontrarlo e di confrontarmi con lui in tante occasioni. In primo luogo tentammo di cambiare radicalmente un settore come quello della formazione professionale e dell’istruzione, con l’attuazione del primo piano regionale di EDA (Educazione degli Adulti) per favorire percorsi, formali e non, di apprendimento permanente lungo tutto il corso della vita.
Allora venne istituito un apposito comitato regionale come luogo di programmazione in una logica di integrazione tra istruzione e formazione, come luogo di confronto e di partecipazione attiva per le competenze necessarie alla crescita educativa ed anche professionale e lavorativa delle persone. Devo dire che in quella occasione si ebbe un forte contributo dal mondo della scuola e dell’università, come quelle offerte da esperti e studiosi del livello di Bruno Schettini e Vincenzo Sarracino della Seconda Università di Caserta e di Gina Melillo dell’Orientale di Napoli, come pure dal mondo delle imprese con l’OBR Campania.
In questa occasione il mio ricordo va ad una esperienza di studio e di conoscenza molto profonda che avemmo modo di fare in quegli anni con una serie di viaggi di studi negli altri paesi europei che erano più avanti di noi nel campo dell’EDA, grazie anche alle spinte che venivano dalla commissione Europea lifelong learning. Fu grazie alla sensibilità di Lo Presti – ed anche di Rita Crisci – che avemmo modo di poter conoscere e visitare tante buone pratiche in diversi paesi europei: dalla Francia alla Spagna, dalla Svezia alla Finlandia, oltre agli scambi con alcune regioni italiane all’avanguardia (come l’Emilia Romagna e la Toscana). Avemmo modo di confrontarci con alcuni dei centri più avanzati di EDA, con le università ed anche con le associazioni datoriali sindacali in prima fila.
Ricordo che in questi viaggi Pierluigi era sempre presente, con la immancabile e vivace Rita, anche loco ricchi di curiosità e voglia di apprendere quelle stimolanti esperienze per poi cercare di trasferirle in Campania. A questo va aggiunto un altro elemento caratterizzante della sua personalità: la curiosità e la passione per la vita culturale nella nostra città. Spesso ci vedevamo nella Feltrinelli o in altre librerie a curiosare tra le novità editoriali. Negli eventi più importanti delle Piazze del Sapere, quelli legati ai temi del sociale e dello sviluppo locale, lo vedevamo sempre in prima fila, attento e partecipe.
Per tutti questi motivi ho chiesto a Rita Crisci di valutare insieme con i familiari la opportunità di organizzare insieme un incontro per ricordarlo, magari proprio nella Feltrinelli dove tante volte ci siamo incrociati.
Pasquale Iorio - Le Piazze del Sapere, Caserta, 5 maggio 2022 |