Parlare di uguaglianza vuol dire che c’è una parte che è meno uguale tra i generi, tra uomini e donne, o alla quale si guarda in modo sbagliato operando convenzionalmente una catalogazione.
Finalmente, però, dalla società civile laica, a quella accademica fino a quella cattolica si pone attenzione alle donne - non alle donne in generale - ma all’intelligenza e all’anticonformismo.
A quelle donne che non rientrano in stereotipi ma che vogliono mostrare sé, la propria identità, dimostrare la propria intelligenza - non sante o maestre - ma donne di cultura impegnate nei più svariati settori civili, culturali o professionali; a cui finalmente (pare) si sia deciso di guardare.
L’Università si accorge che mancano relatrici donne, in convegni ed eventi.
Così l’Università di Torino ha redatto delle linee guida, dove impone la presenza femminile quali relatrici, e le ha presentate l’11 giugno scorso.
Dove si specifica, inoltre, che la presenza del genere meno rappresentato non vale “se questo è coinvolto unicamente nei saluti o in ruoli di coordinamento e discussione”: cioè che almeno un terzo dei relatori devono essere donne.
L’Italia si accorge che tante donne di talento sono sprecate perché non sono messe in condizione di esprimersi. Lo stesso Presidente del Consiglio Mario Draghi lo ammette intervenendo al vertice mondiale dei leader politici donne il 21 giugno scorso dicendo: “Le nostre economie stanno perdendo alcuni dei nostri talenti migliori. Le nostre società si stanno lasciando sfuggire alcune delle migliori leader del futuro.
C’è stato un aumento del divario tra uomini e donne a livello globale, soprattutto per quanto riguarda la partecipazione delle donne alla vita politica”.
La Chiesa si accorge delle samaritane, le seminatrici coloro che sono da sprone seppur fuori dagli schemi.
Figure femminili con una notevole carica di rottura che sono state seminatrici nella chiesa e nella società.
E il numero di giugno del mensile femminile dell’Osservatore Romano Donne, Chiesa, Mondo è tutto a loro dedicato. A donne fuori dal sistema, quelle che alzano la posta, quelle che rompono il soffitto di cristallo.
Intraprendenti, dirette. Aperte all’altro, al nuovo, al futuro.
Questo era Nilde Iotti una donna lungimirante con una spiccata visione anticipatrice del futuro, E a queste donne, direi, era ora di guardare.
A donne che rivendicano e mostrano una propria identità, che hanno piena consapevolezza di sé a prescindere dal contesto, da concezioni sociali con i loro pregiudizi, dai condizionamenti familiari nelle scelte di vita e lavoro, dall’attaccamento o la sottomissione a un eventuale partner.
Donne che hanno acquisito una certa maturità e che saranno, auspicabilmente, madri mature e mogli consapevoli e non madri immature e mogli appagate.
Perché non è detto che l’una cosa precluda l’altra, che donne impegnate non possano essere madri.
E Nilde Iotti ne fu un esempio, fu madre, non naturale ma adottiva e riuscì ad essere quella che fu, a svolgere incarichi e occupare ruoli di rilievo.
Riguardo l’uguaglianza uomo-donna non può esserci se non ci si pone su piani paralleli non chi davanti e chi dietro. Perché a stare dietro l’uomo guarda caso di solito è la donna.
Quella che deve rinunciare a sé per la carriera del compagno, al suo tempo per la cura dei figli; stare sempre dietro e mai di fianco ad un uomo.
O addirittura che vada avanti lei è cosa quanto mai inaccettabile dal mondo maschile.
Per non dire poi a quanto, ancora oggi, possa non essere accettata la condizione di donna non sposata o senza figli. Perché è il negare il proprio ruolo di natura quello per il quale si esiste.
Ma chi dice che le donne siano nate solo per essere mogli e madri?
E perché gli uomini non sono pensati mai solo come mariti e padri?
E si rimane così a quel retaggio culturale di stampo fascista di donne o intellettuali zitellesche o devote casalinghe.
Inoltre, oggi parliamo di uguaglianza e non di questione di genere (menomale!).
Ma perché la questione di genere è questione di cui si occupano solo le donne?
E quanto è difficile affermare la vera uguaglianza nel poter affrontare qualsiasi argomento al pari degli uomini senza non dover passare prima dalla questione di genere?
Far capire che si è donna ma che si può parlare di tutto di qualsiasi argomento.
Il punto è questo: per arrivare al tutto bisogna dimostrarlo.
Gli uomini non mi sembra che devono dimostrare che possono parlare di qualsiasi argomento anche se spesso sono meno preparati di tante donne.
Essere donna rimane una condizione iniziale da valutare.
Una condizione di natura considerata minoritaria alla quale qualsiasi cosa in più è fuori norma.
L’autonomia è fuori norma, l’autonomia di pensiero è fuori norma.
E’ questa la frustrazione con cui Nilde Iotti ha dovuto convivere, le insinuazioni su di lei, il mettere in dubbio le sue capacità perché compagna di Togliatti.
Sempre a dover dimostrare le proprie capacità per poter affrontare argomenti, per poter occupare ruoli.
Tanto da avanzare poi nelle cariche, ed avere ruoli di rilievo dopo la sua morte.
Quindi l’Italia è rimasto uno stato in cui per occupare posti, ambire a lavori e ruoli di rilievo per le donne è ancora faticoso perché non ci sono le condizioni.
Per mancanza di servizi ed infrastrutture sociali, sicuramente, per mancanza di posti in asili nido, con condizioni diverse tra nord e sud, o di asili nido che non ci sono, specie al sud.
Ma anche perché la maternità, il desiderio naturale di una donna - e di un uomo - non è garantito a tutte le donne ma solo ad alcune donne che fanno determinati lavori; le altre ritrovandosi senza tutele, spesso, o rinunciano alla maternità per il lavoro o al lavoro per la maternità.
E ci troviamo così come rilevato dai dati del Bilancio di Genere dello Stato (2020 per l’esercizio finanziario 2019) redatto dal Ministero dell’Economia e Finanze, Ragioneria Generale dello Stato assieme all’ Istituto Nazionale di Statistica e Inps (presentato il 20 ottobre 2020) con una segregazione lavorativa delle donne occupate nei settori: istruzione, salute umana, lavoro sociale.
Così come ribadito dalla ricerca sul Divario Digitale di Genere dell’Università Bocconi, del febbraio 2021, la quale riguardo il dato sulla percentuale di laureati per disciplina e genere evidenzia che le donne scelgono percorsi di studi rivolti a lavoro in istruzione per il 92% a dispetto del solo 8% dei maschi.
Mentre le discipline legate all'ingegneria sono scelte dal 75% degli uomini contro il 25% delle donne.
Questo significa che la scelta preferita e stereotipata della maggioranza delle donne italiane al momento della loro formazione è rivolta all'insegnamento mentre è molto lontana dalla scelta di discipline legate all'ingegneria.
Una scelta stereotipata sicuramente ma anche garanzia di maternità.
Chi decide di studiare, di laurearsi di fronte alla scelta fatta da sola o condizionata - di solito - fa delle valutazioni. E solo chi ha più coraggio rischia, chi non lo ha va sul sicuro.
Fa una scelta stereotipata perché è più semplice, è più facile per arrivare ad un sostentamento, per essere moglie e madre e inoltre si è accettate dagli uomini.
Qualsiasi lavoro (ruolo) diverso diventa una sfida, qualcosa di anormale, non sono considerati lavori (ruoli) per donne.
Oggi, a molti anni di distanza da quella relazione sulla famiglia di Nilde Iotti all’assemblea costituente del 1946 dove lei rivendicava che: “La donna stessa dovrà essere emancipata dalle condizioni di arretratezza e di inferiorità in tutti i campi
della vita sociale e restituita a una posizione giuridica tale da non menomare la sua personalità e la sua dignità di cittadina.
A tale emancipazione – diceva - è strettamente legato il diritto al lavoro solo realizzando il suo diritto al lavoro la donna acquista quella indipendenza, base di una vera e compiuta personalità, che le consente di vedere nel matrimonio non più un espediente talora forzato per risolvere una situazione economica difficile e assicurarsi l’esistenza, ma la soddisfazione di una profonda esigenza naturale, morale e sociale, e lo sviluppo e il coronamento, nella libertà, della propria persona”.
Cioè il diritto al lavoro delle donne per la libertà della propria persona.
Ancora, invece, in Italia, una donna su 2 non lavora, e nella classifica Eurostat per l’occupazione femminile peggio dell’Italia (per poco/) c’è solo la Grecia.
Quindi dal 1946 il dato grave della disoccupazione femminile, permane, e inoltre a questo si aggiunge il dato riguardo la scelta del lavoro.
Si decide di fare lavori non per ambizione personale, perché è ancora difficile, ma si sceglie per convenienza lì dove il lavoro per le donne c’è; si sceglie la strada più facile, al guadagno presto, alla maternità o alla sistemazione familiare.
Perché non è facile scegliere un lavoro che dia tutele alle donne, come già detto, ma anche si scelgono lavori in cui non si rischi di essere licenziata, di perdere il lavoro e non lavorare più a causa di maternità o di matrimonio, perché questo ancora oggi succede.
E siamo rimasti, quindi, all’epoca fascista in cui si erano stabiliti i lavori adatti alle donne e da allora pochi passi in avanti si sono fatti - certamente in misura diversa al nord Italia rispetto al sud - ma in sostanza non si è progrediti nei fatti e nella concezione della donna lavoratrice specie nelle aree più arretrate del paese, in particolare al sud.
Ed a questo c’è da aggiungere che economia domestica ed economia finanziaria non sono ancora indistintamente materie per uomini e per donne.
Quindi venendo all’attualità della figura di Nilde Iotti, una donna alla ricerca dell’uguaglianza, che vive la resistenza, esce dal dopoguerra con la necessità di ricostruire e di costruire la democrazia, la repubblica democratica.
Oggi usciamo dalla pandemia l’Italia ha necessità di uscire dalla crisi da essa provocata ma l’uguaglianza per cui lei si batteva non è mai stata raggiunta.
Lo stesso Presidente della Repubblica Mattarella nel suo discorso del 2 giugno ci ha detto che: “Non siamo ancora al traguardo di una piena parità. Soprattutto riguardo alla condizione delle donne nel mondo del lavoro, al loro numero, al trattamento economico, alle prospettive di carriera, alla tutela della maternità, alla conciliazione dei tempi. Permangono disparità mentre cresce l’inaccettabile violenza contro di loro/” e cita Nilde Iotti e la sua nomina a Presidente della Camera quale passo decisivo nell’affermazione del protagonismo delle donne nella vita delle istituzioni.
I temi che la Iotti affronta con il suo impegno parlamentare non sono ancora risolti la questione femminile e la questione familiare legata alla questione femminile attraverso l’emancipazione della donna con il lavoro.
Con la pandemia abbiamo visto che sono ancora le donne a lavorare di meno, a essere meno retribuite.
A essere il soggetto debole, quelle che più hanno perso il lavoro; ed a subire una segregazione lavorativa legata a convenzionalismo e conservatorismo.
Di Lei, di Nilde Iotti, raccogliamo l’insegnamento a coltivare un’autonomia di pensiero e un grande senso delle istituzione.
E soprattutto che oggi, con la riforma del cognome - della madre ai figli - e la condivisione del lavoro di
cura, si possa continuare a lottare per una seria uguaglianza!
** Intervento di Nadia Marra all’incontro online "Diritti e cittadinanza/"
Nell’ambito delle attività per i 100 anni del PCI in Campania ed in Terra di Lavoro
Giovedì 24 giugno 2021 alle ore 17:00 |